domenica 5 ottobre 2008

I GUAI GIUDIZIARI DEI CHIRURGHI

AZIENDA USL 8 AREZZO
UO Medicina legale e dello Sport
Forum permanente sulla responsabilità professionale sanitaria

Il sapere scientifico fra etica, giustizia ed esigenze di prevenzione del contenzioso nelle strutture sanitarie
Mercoledì 5 dicembre 2007- Auditorium “A. Pieraccini” Ospedale S. Donato, via P. Nenni 20, Arezzo
Terza sessione. Il professionista sanitario a giudizio: perizia dibattimentale e cross- examination.
I GUAI GIUDIZIARI DEI CHIRURGHI
IL PARERE MEDICO- LEGALE: RIFLESSIONI CONCLUSIVE
di Giusto Giusti
Ordinario di Medicina legale
Università di Roma “Tor Vergata”

HAMMURAPI- I guai giudiziari dei medici, in particolare dei chirurghi, cominciano assai presto, se è vero che già nelle raccolte di leggi in Mesopotamia sono previste per loro non solo ricompense adeguate, ma anche sanzioni severe in caso di insuccesso.
Già all’epoca (circa 1700 a. C.) dunque esiste la chirurgia ed esistono sanzioni che ora chiameremmo di natura penale, che prevedono cioè una pena, e di natura civile, che prevedono cioè il risarcimento del danno arrecato dal medico.
La grandissima riforma giuridica del re Hammurapi e dei suoi giuristi ha prodotto non solo leggi scritte, ma, attendibilmente, anche una sostanziale moderazione nelle pene inflitte per i vari reati, della quale sicuramente anche molti chirurghi hanno beneficiato.
Da allora ad oggi la storia della responsabilità professionale del medico ha subito evidentemente una evoluzione, nuovi concetti sono stati introdotti, ma il nucleo centrale del problema è sempre il medesimo, vale a dire il danno al paziente e qualcuno che, in qualche modo, ne sia responsabile a titolo di colpa.
Nei nostri codici, a differenza di quello di Hammurapi, non si fa menzione specifica dell’errore o della colpa del medico, che rientrano nelle più generali disposizioni sull’errore e sulla colpa del cittadino e del professionista, ma è la giurisprudenza di legittimità in particolare che traccia le norme di condotta all’interno delle quali l’errore e la colpa possono essere riconosciuti e sanzionati.
DATI DELL’ESPERIENZA- Astraendo da questioni teoriche e di diritto, e verificando soltanto i dati dell’esperienza, mia propria ed altrui, è possibile affermare con sicurezza che un guaio giudiziario nasce insieme con un danno prodotto ad un paziente. Le parole “danno prodotto ad un paziente” hanno numerose implicazioni, tra cui la realtà e la gravità del danno, il nesso causale tra l’azione o l’omissione del medico, il consenso informato all’atto medico.
Un altro fatto che, nella mia esperienza, coopera alla nascita di un guaio giudiziario per il medico, è l’atteggiamento del medico stesso nei confronti del paziente e del suo caso. Se il danno c’è ed il medico è stato negligente o trascurato o semplicemente scortese verso il malato, è molto probabile che questi sporga denuncia o chieda i danni, se invece il medico è stato attento, preciso o semplicemente cortese, allora è possibile che il malato lasci perdere denunce e richieste di risarcimento.
Un terzo fattore è rappresentato dall’atteggiamento dell’avvocato cui il malato si rivolge. L’avvocato è un professionista, e sa di avere innanzi a sé alcune opzioni, e cioè quella di lasciar perdere un cliente inaffidabile, di cercare di risolvere il caso in via stragiudiziaria, di affrontare il processo penale e/o quello civile. Sa anche che deve avere il supporto di un medico- legale, e cioè deve avere una relazione scritta e firmata da un medico qualificato, senza la quale procedere gli sarebbe molto difficile.
Il quarto fattore è appunto rappresentato dal medico legale.
L'esito finale di un processo iniziatosi avventatamente con un parere tecnicamente errato di un medico legale non è prevedibile, così come non è prevedibile la durata del processo. Di certo avrà dato luogo a spese, a perdite di tempo, ad ansia motivata, alla rinuncia a proseguire in una specifica forma di attività.
MEDICAL MALPRACTICE- Negli Stati Uniti, la pervicacia con cui si persegue la "medical malpractice" ha portato ad alcune gravi conseguenze generali:
* la progressiva e costante diminuzione del numero degli studenti in medicina e in infermieristica;
* il progressivo e gravissimo calo numerico degli specialisti nelle materie più esposte all'aggressione per le vie giudiziarie, e cioè degli anestesisti, dei chirurghi e degli ostetrici;
* l'incredibile aumento dei premi pagati alle compagnie assicuratrici per la responsabilità civile del medico.
ESAME DEL PERITO- In un processo penale, nessuno ci sta a perdere, e perciò la lotta è senza esclusione di colpi. Il perito in un caso importante, e tutti i casi di responsabilità medica sono importanti, deve essere preparato a stare in aula ed essere interrogato per qualche ora e ricordarsi che la sentenza dipende anche da quello che dirà. Anche la sua reputazione professionale dipende da quello che dirà e da come lo dirà. Dopo l'esame, del tutto benevolo, che gli ha fatto chi ha commissionato la perizia, la parola passa alle parti per il contro- esame. La parte a cui avrà dato torto (è inevitabile dare torto a qualcuno) non sarà soddisfatta e farà il possibile per fargli rimangiare alcune affermazioni , o per fargli fare ammissioni favorevoli, o per farlo cadere in contraddizione e quindi screditarlo di fronte al Giudice. La posizione del perito d’ufficio è dunque difficile, perché egli è solo a difendere la sua posizione. Durante il contro- esame, egli dovrà essere sereno, tranquillo e tranquillizzante, e capire che non è lì per far prevalere il proprio parere, ma per aiutare il Giudice a stabilire e capire la verità dei fatti, anche a costo di far prevalere il parere di un consulente di parte. Egli è solo lo strumento tecnico del Giudice.
ANALISI DEGLI ERRORI- L’analisi degli errori che vengono compiuti nell'esercizio delle professioni sanitarie implica l'esame delle cause degli errori stessi e delle loro conseguenze, sia sul piano biologico sia sul piano legale.
Come ogni professione, anche le professioni sanitarie sono sottoposte a regole di ordine generale e particolare, ed anche a regole che le associazioni professionali si sono date, cioè i codici deontologici.
Una analisi di questo tipo non può essere solo di natura biomedica, vale a dire che storicamente l'errore del medico ha sempre avuto un forte impatto sociale, cosicché, in un modo o nell'altro, la società ha sempre e giustamente preteso che l'analisi dell'errore tecnico si accompagnasse all'analisi della condotta del medico, poiché non è mai stato accettato fino in fondo che la medicina e gli uomini che l'esercitano avessero dei limiti alla possibilità di curare e di guarire.
Il punto chiave di questo concetto sta naturalmente nella identificabilità dell'errore in quanto tale. Non è corretto infatti identificare un errore tecnico sulla sola scorta del danno ricevuto dal paziente: così come esistono errori senza danno per il paziente, alla stessa stregua esistono danni senza errori tecnici. E se è vero che la biologia e la medicina sono in continuo progresso, è di conseguenza vero che quello che è tecnicamente valido oggi non lo sarà più domani e che quello che è tecnicamente valido in questo luogo non lo è più, o non lo è ancora, in un altro luogo.
Anche le modalità attraverso le quali si procede all'analisi del singolo errore appaiono differenti a seconda del tempo e del luogo e delle circostanze in cui l'errore si è verificato. Non c'è alcun dubbio che lo strumento più efficace per analizzare l'errore medico da tutti i possibili punti di vista sia il processo penale, che però per sua natura rappresenta una vera e propria guerra, e dunque non obbligatoriamente riesce a identificare positivamente l'errore e chi l'ha compiuto, e a stabilire se tale errore deriva da colpa. Altri strumenti possono essere impiegati, come il processo civile per danni o la discussione extragiudiziaria fra le parti. Sul piano puramente cognitivo, la discussione fra i medici e gli infermieri, coinvolti nella produzione di un danno al paziente, può portare al riconoscimento delle cause del danno stesso, ma la mancanza della dialettica fra le parti tende a vanificare le possibili ipotesi di soluzione del caso.
Non vi è dubbio che la professione sanitaria sia una professione pericolosa. In nessun'altra professione il cliente (in questo caso, pudicamente, il "paziente") accetta che il professionista apra con un coltello le sue cavità corporali, gli amputi un arto, o gli somministri farmaci di estrema potenza ma delle cui modalità d'azione poco sappiamo. Senza dubbio sia il medico sia il paziente mostrano grande coraggio nelle situazioni cliniche rilevanti, ed una grande e reciproca fiducia. Questo non toglie peraltro che talvolta fiducia e coraggio siano mal riposti.
Nella mia esperienza pratica, l’identificazione dell’errore tecnico, o al contrario della correttezza tecnica, rappresenta sempre una ricerca angosciosa, perché è molto difficile ricostruire le situazioni in cui il medico ha operato, immaginare e fornire le prove di una linea di condotta, capire dove e come vi sia stata una valutazione erronea o una manualità scorretta, talvolta a distanza di anni dai fatti. La certezza è difficile da raggiungere, e spesso vi è soltanto la certezza del danno, ma non del nesso causale con l’operato del medico, tanto meno con una sua condotta colposa.
CONTRASTI- E’ per questa ragione che sono così frequenti, talora anche violenti, i contrasti fra periti e consulenti. E’ stato detto “Prima di tutto, uccidi i periti” con riferimento ai differenti punti di vista professionali tra avvocati e medici, che sono di tale importanza e gravità da far ipotizzare una nuova posizione processuale dei periti d’ufficio e dei consulenti. E’ questo un punto che dovrà essere analizzato a fondo, tenuto conto anche della capacità di mentire e della stupidità degli uni e degli altri. In sostanza, dice il collega dr Davis, periti e consulenti sono nelle mani di giuristi che nulla capiscono di medicina e dirigono il processo come vogliono, e questa è una situazione che deve mutare.
Caro Collega, siamo in un processo penale, e nessuno ci sta a perdere, e perciò la lotta è senza esclusione di colpi. Se vai in aula per darli, devi essere anche pronto a prenderli. Vediamo cosa succede di solito.
Periti e Consulenti sono ascoltati dopo i testimoni dei fatti. Anche i Periti e i Consulenti sono testimoni, ma testimoni esperti, quindi sono autorizzati a dare testimonianza e ad esprimere un parere tecnico. Non sono autorizzati a mentire, anzi verranno puniti se lo fanno.
E' difficile avere tutti insieme periti e consulenti, e può accadere che siano necessarie più udienze per ascoltarli. Alcuni Giudici ammettono il contradditorio tra periti e consulenti, altri permettono solo le domande degli avvocati e del PM.
Se c'è un perito del Giudice o del GIP, questo perito sarà ascoltato per primo, e le domande gli saranno dapprima rivolte dal Giudice o dal GIP, e poi dal PM e poi dalla Difesa. Se c'è un CT del PM, sarà questi a rivolgere le domande al proprio CT, e poi la Difesa, e magari il Giudice interloquisce. Successivamente saranno ascoltati i Consulenti delle parti, e i rispettivi difensori o accusatori porranno domande per primi, e poi seguiranno le altre parti.
Se sei perito o CT del PM in un caso importante, preparati a stare sulla graticola per qualche ora e ricordati che la sentenza dipende anche da quello che dirai TU. Anche la tua reputazione professionale dipende da quello che dirai e da come lo dirai.
Quando il Giudice ti fa sedere e ti mette davanti il microfono, devi dare le tue generalità e le tue qualifiche professionali. Poi il Giudice, o il PM, ti farà la prima domanda e vorrà conoscere le conclusioni della tua perizia o consulenza. Puoi scegliere, se rispondere brevemente a ciascuna domanda, o invece raccontare i fatti e le conclusioni secondo logica, con ordine, e con parole semplici e chiaramente espresse. Ambedue queste modalità hanno vantaggi e svantaggi, ed ambedue prevedono la perfetta conoscenza dell'argomento e il perfetto ricordo di quello che hai scritto. Se la perizia te l'ha scritta qualcun altro, magari un altro componente del collegio peritale, i ricordi saranno imprecisi, e se malauguratamente l'hai data da scrivere ad un tuo collaboratore, dovrai imparare tutto a memoria per non fare una figura barbina. Dunque, le perizie conviene scriversele.
Personalmente preferisco raccontare i fatti e contestualmente esprimere il mio parere. E' l'ormai lunga abitudine a far lezione che mi porta a scegliere questa tecnica espositiva, che richiede buona memoria, chiarezza e precisione di linguaggio, ordine e logica: chi ascolta non potrà non condividere le tue argomentazioni e conclusioni, perché sarai tu a portarlo verso quelle conclusioni che tu vuoi. Se invece sceglierai le singole risposte brevi, sarai in balia di chi ti fa l'esame (si chiama così, l' "esame del perito"). Questa tecnica però va benissimo quando le tue risposte, per la natura dell'indagine che hai fatto, si prestano ad essere date in poche parole, per esempio nelle perizie tossicologiche su reperti o nelle perizie su tracce biologiche. Ma, se devi argomentare, allora l'altra tecnica espositiva è migliore.
Dopo l'esame, del tutto benevolo, che ti ha fatto chi ha commissionato la perizia, la parola passa alle parti per il contro- esame. La parte a cui avrai dato torto (è inevitabile dare torto a qualcuno) non sarà soddisfatta e farà il possibile per farti rimangiare alcune cose che hai detto, o per farti fare ammissioni favorevoli, o per farti cadere in contraddizione e quindi screditarti di fronte al Giudice.
Durante il contro- esame, dovrai essere sereno, tranquillo e tranquillizzante, e capire che non sei lì per far prevalere il tuo parere, ma per aiutare il Giudice a stabilire e capire la verità dei fatti, anche a costo di far prevalere il parere di un consulente di parte. Sei solo lo strumento tecnico del Giudice, e non devi aver paura di dire “non lo so”, perché nessuno può sapere tutto.
So perfettamente che domande sibilline o capziose possono irritare. In questi casi, mantieni la calma, prendi tempo, fatti ripetere la domanda se non l’hai capita bene, e ricorda che, se sei perito del giudice, non sei una parte e devi essere neutrale.
L’esame del perito è faticoso per tutti, anche per te, e le tue surrenali avranno lavorato molto. Dopo l’udienza, potrai sentirti importante, se ti pare di aver fatto un buon risultato, o umiliato, se il tuo esame non è andato bene per te. In ogni caso, ricordati che niente è cambiato rispetto a qualche ora prima, sei sempre tu, quello che tanti anni fa decise, in un momento di scarsa lucidità, di fare il medico- legale, e ricordati anche che dopo l’udienza devi riposare un poco, per recuperare. Poi, non pensarci più, era solo lavoro, e l’importante è averlo fatto nel modo migliore, in scienza e coscienza, come si diceva una volta.
CARATTERISTICHE DELL’ERRORE- Le caratteristiche principali dell’errore medico, che io vedo come una vera e propria epidemia, sono dunque queste:
· Il loro numero progressivamente crescente
· L’impossibilità pratica di contarli, a causa della pratica impossibilità di identificarli
· L’aumento dei premi per le polizze assicurative
· L’aumento dei risarcimenti per danni reali o no
· L’aumento della litigiosità tra medici e tra medici e pazienti
· Lo stravolgimento di una disciplina medica- la medicina legale- che in pratica si occupa prevalentemente di questo problema
· L’ingolfamento dei Tribunali con cause di questo tipo
· La straordinaria lentezza di questi processi
A me sembra che indagini conoscitive siano praticamente impossibili ad effettuarsi nel nostro Paese, e che comunque esse lascino il tempo che trovano, perché è il sistema che deve essere cambiato. Alla stessa stregua, mi sembra che rimedi parziali non siano utili a risolvere un problema che è ormai intollerabile sia per i pazienti danneggiati sia per i medici.
Timidi tentativi ebbero luogo negli anni passati, in Brasile e in Svezia, di fiscalizzare il rischio medico, cioè di attribuire allo Stato l’obbligo di indennizzare le vittime di errori medici. Con ben altra forza d’impatto, soprattutto per le condizioni insostenibili del sistema della medical malpractice, si sta facendo strada negli Stati Uniti, ma non solo, la tesi della “no-fault compensation”.
NO- FAULT COMPENSATION- Le proposte di ridurre i rischi per il paziente, di prevenire gli errori medici, di contare sulla lealtà dei medici circa gli errori e le loro conseguenze entrano in collisione con il sistema vigente, cosicché da più parti (cfr. David M. Studdert, Troyen A. Brennan No- Fault Compensation for Medical Injuries JAMA. 2001;286:217-223) è stata avanzata l’idea di una alternativa per compensare il danno, la quale non preveda la prova della colpa medica, superando le obbiezioni più spesso addotte, e cioè l’aumento dei costi e la crescente tendenza all’irresponsabilità da parte del medico, e attribuendo l’obbligo dell’eventuale risarcimento non più al singolo medico bensì alla istituzione.
Il sistema della “no-fault compensation” è operante in Svezia, Danimarca, Finlandia, Nuova Zelanda. In Svezia i pazienti, che ritengono di aver subito un danno iatrogeno, sono incoraggiati a sporgere reclamo, e a chiedere i danni, compilando un modulo disponibile in ogni clinica ed ospedale, in ciò aiutati da medici e infermieri. Il sistema svedese è basato sul principio della evitabilità dell’errore. Chi esamina le richieste deve verificare tre punti: se la lesione deriva dal trattamento medico, se il trattamento era giustificato, se il risultato era inevitabile. Se la risposta alla prima domanda è positiva, e le risposte alla seconda e/o alla terza sono negative, allora il paziente riceve l’indennizzo. Sono previste tecniche amministrative per eliminare le richieste di minor conto.
L’idea è stata applicata sperimentalmente in Florida e in Virginia per i danni cerebrali dei neonati, e criticata per i criteri troppo restrittivi. L’idea si sta peraltro facendo strada anche nel Regno Unito, dove tuttavia si riconosce che il problema non è quello di verificare il danno o l’errore, quanto quello di provare il nesso causale (Clare Dyer, Society Guardian, January 25, 2002). Secondo una autorevole corrente d’opinione giuridica, nel Regno Unito il sistema di perseguire il Servizio Sanitario Nazionale nei Tribunali dovrebbe essere abolito, e sostituito con uno schema risarcitorio di tipo amministrativo e non giudiziario.
Qualunque sia il sistema adottato, esso non può prescindere dall’intervento di un medico- legale, inteso come medico in funzione medico- legale, o come specialista in medicina legale, o come commissione medico legale.
CRITERI DI RAGIONAMENTO- A sua volta, il medico legale non può prescindere dall’accertamento dei fatti (azione/omissione del medico e sue conseguenze per il paziente) e dal nesso che lega gli eventi. In altri termini, questo ci porta, in senso lato, alla metodologia dell’indagine e ai criteri di ragionamento che vengono applicati.
Il pensiero critico consiste nell’analisi e nella valutazione di informazioni. Le informazioni possono essere ottenute mediante l’osservazione, l’esperienza, il ragionamento, la comunicazione.
William Graham Sumner (Sumner, W. G. 1940. Folkways: A Study of the Sociological Importance of Usages, Manners, Customs, Mores, and Morals. New York: Ginn and Co., pp. 632, 633) lo ha così definito: [Il pensiero critico è] ...l’analisi e la valutazione di proposizioni di qualunque tipo, al fine di verificarne la corrispondenza alla realtà. La facoltà della critica è generata dall’educazione e dall’allenamento. Si tratta di un abito mentale oltre che di una capacità. Essa è condizione prima dello sviluppo umano. È la nostra unica tutela contro la delusione, l’inganno, la superstizione e la misconoscenza di noi stessi e del mondo a noi circostante.
Il pensiero critico è trasversale, e si trova a cavallo di discipline diverse, e può essere visto come insieme di facoltà cognitive e come capacità intellettuale di utilizzare praticamente queste facoltà. Le tesi attuali sul pensiero critico prendono molto dal modello di analisi di Cartesio. La sequenza usuale è questa: ascolto ed analisi di qualsiasi opinione sulla questione; suddivisione della questione nei suoi componenti ed analisi di ciascuno di essi; verifica di eventuali contraddizioni intrinseche; individuazione di posizioni opposte all’interno della questione, e loro valutazione. Naturalmente non è garantito il raggiungimento della verità, vuoi a causa di informazioni carenti o erronee, vuoi a causa di pregiudizi del valutatore. Un modo importante per cercare di eliminare il pregiudizio è la sospensione del giudizio fino al termine dell’analisi e della valutazione. Prerogativa del pensiero critico è l’impossibilità di giungere a una conclusione “definitiva”; per sua natura intrinseca, infatti, il pensiero critico non può che condurre a delle conclusioni ottenute “per tentativi”, basate su valutazioni che possono essere definite “accurate”, ma non “esaustive”.
Il ragionamento medico ed il ragionamento giuridico non seguono la stessa metodologia. Il medico ragiona partendo da fatti naturali e cerca di arrivare ad una diagnosi, cioè ad una conclusione razionale che abbia un valore per così dire universale. Il giurista parte invece da un dato- una legge- che ha per definizione un valore universale (nel tempo e nel luogo in cui è vigente) e ad essa tenta di applicare una circostanza particolare e contingente.
Il ragionamento medico- legale alterna la metodologia induttiva con quella deduttiva, e qualche volta si provocano incomprensioni tra i professionisti del diritto ed i professionisti della medicina.
Il tentativo di rendere chiare le ragioni proprie e di capire quelle dell'altro può rappresentare la linea direttiva di questa disciplina.

Questo tema è molto vasto, e io lo sto offrendo a questo Forum Permanente come argomento per un altro incontro, al quale spero di essere invitato.
Vi ringrazio per l’attenzione.

Arezzo, 5 dicembre 2007

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