sabato 4 ottobre 2008

INFORTUNIO IATROGENO

Prof. Giusto Giusti
Ordinario di Medicina legale
Università di Roma "Tor Vergata"

L’INFORTUNIO IATROGENO

PREMESSA. Il numero delle richieste di risarcimento e delle cause penali e civili per danni causati da errori medici è progressivamente crescente, ed è praticamente impossibile identificare tali errori e dunque contarli, e dunque valutare, anche con ragionevole approssimazione, quale ne sia l’importo economico.
Credo che queste affermazioni possano essere ragionevolmente condivise, poiché si basano sulla esperienza pratica del lavoro quotidiano di ciascuno di noi, anche se i dati delle compagnie di assicurazioni non sono resi pubblici, ed i dati delle cause penali e civili non sono disponibili, anche perché nessuno conta questi casi quando giungono alla sentenza definitiva, mentre le denunce non sono evidentemente attendibili quanto all’esito.
Non mi risulta che in Italia sia stata portata a termine una ricerca che abbia come scopo quello di contare, dopo averli identificati, gli errori medici che abbiano comportato un danno per il paziente, anche se è apprezzabile l’inchiesta che sta conducendo il prof. Luigi Palmieri, la quale tuttavia non può non essere limitata nelle sue finalità. In realtà la raccolta dei dati è impossibile. Chiunque di noi, che abbia esaminato una cartella clinica in un caso in cui sia palese l’errore medico, trova una grave difficoltà ad identificare tale errore nella cartella stessa, e sono necessari allora confronti con la cartella infermieristica, che probabilmente è nata proprio con lo scopo di scindere le responsabilità dei vari sanitari, con i dati dell’autopsia e con i dati testimoniali. In altri termini, la redazione della cartella clinica, che dovrebbe essere lo strumento principale di indagine, non risponde ai necessari requisiti per la ricerca stessa, requisiti di completezza, leggibilità, attendibilità, e ci si dovrebbe augurare che presto la cartella cartacea sia sostituita dalla cartella elettronica, che almeno sarà materialmente leggibile. E’ comunque ovvio che la cartella clinica sarebbe utilizzabile soltanto per i danni recati a pazienti ospedalizzati.
In altre parole, una ricerca come quella contenuta nel rapporto QUic al Presidente Clinton non sarebbe proponibile in Italia.
L’aumento dei risarcimenti per danni da errore medico porta con sé l’aumento dei premi per le polizze di assicurazione per la responsabilità civile, ed anche la possibilità che il medico, dopo due o tre risarcimenti pagati dalla compagnia d’assicurazione, non sia più assicurabile. E’ palese che, a questo punto, questo medico deve cambiare letteralmente mestiere.
Il cambiamento di attività di alcuni specialisti particolarmente esposti (ostetrici, chirurghi, anestesisti) e la rinuncia alla professione sono già dati di fatto negli Stati Uniti, ed anche in altri Paesi, dove peraltro sono più evidenti i prodromi di quello che accadrà con la rinuncia dei giovani medici a specializzarsi in attività professionali a rischio.

CARATTERISTICHE DELL’ERRORE MEDICO. Entrando nel dettaglio, in merito cioè alla possibilità di riconoscere un errore medico, se esamino e ricordo la mia casistica- ormai circa il 90% della mia casistica giudiziaria è rappresentata da processi contro medici- vedo che una risposta netta e precisa, in un senso o nell’altro, è un evento raro, e il più delle volte la risposta è di tipo probabilistico, basata sull’inaspettato evento di danno. Riconoscere il danno infatti è relativamente facile, può essere facile correlarlo con la condotta del medico, ma è difficile affermare che la condotta del medico è stata colposamente erronea per il solo fatto che si à verificato un evento dannoso. In altri termini, accade spesso che l’evento di danno assuma le caratteristiche di un infortunio, e cioè di un evento accidentale verificatosi per causa iatrogena, legato all’interazione tra l’opera del medico e la risposta del paziente.
Affermazioni di questo tipo non sono utili alla soluzione del problema, e cioè della corresponsione del risarcimento al paziente danneggiato. In effetti, la possibilità di risarcire il danno passa necessariamente attraverso la dimostrazione della colpa medica e del nesso causale tra questa ed il danno subito, altrimenti il paziente non verrà risarcito. Di contro, sappiamo molto bene che in numerose circostanze, per esempio nel caso di danno dovuto a reazioni anomale a farmaci, non imputabili al medico, il paziente, pur danneggiato, non sarà risarcito, e in sede penale il medico non sarà punito. Questi sono i principi su cui si basano i codici penali e civili degli Stati moderni, Sono principi che, almeno in questo settore di cui ci stiamo occupando, non rispondono più alla esigenza di una giustizia sostanziale di riparazione del danno, e di punizione di un colpevole, se c’è un colpevole.
Per molti aspetti questa situazione sembra somigliare alla situazione creatasi nel campo della lesività da lavoro, che ha portato poi alla creazione del sistema infortunistico, ed assomiglia anche alla situazione che si è creata nel campo degli incidenti stradali, dove la identificazione del colpevole di un incidente è assai spesso problematica, e dove i concorsi di colpa sono numerosi.
Situazioni simili alle nostre sono presenti anche il altri Paesi, ed in alcuni di questi si sta cercando di valutare se il sistema della no-fault compensation sia più efficiente del sistema attuale.

LA TESI DELLA NO-FAULT COMPENSATION. Timidi tentativi ebbero luogo negli anni passati, in Brasile e in Svezia, di fiscalizzare il rischio medico, cioè di attribuire allo Stato l’obbligo di indennizzare le vittime di errori medici. Con ben altra forza d’impatto, soprattutto per le condizioni insostenibili del sistema della medical malpractice, si sta facendo strada negli Stati Uniti, ma non solo, la tesi della “no-fault compensation”.
Le proposte di ridurre i rischi per il paziente, di prevenire gli errori medici, di contare sulla lealtà dei medici circa gli errori e le loro conseguenze entrano in collisione con il sistema vigente, cosicché da più parti (cfr. David M. Studdert, Troyen A. Brennan No-Fault Compensation for Medical Injuries JAMA. 2001;286:217-223) è stata avanzata l’idea di una alternativa per compensare il danno, la quale non preveda la prova della colpa medica, superando le obbiezioni più spesso addotte, e cioè l’aumento dei costi e la crescente tendenza all’irresponsabilità da parte del medico, e attribuendo l’obbligo dell’eventuale risarcimento non più al singolo medico bensì alla istituzione.
Il sistema della “no-fault compensation” è operante in Svezia, Danimarca, Finlandia, Nuova Zelanda. In Svezia i pazienti, che ritengono di aver subito un danno iatrogeno, sono incoraggiati a sporgere reclamo, e a chiedere i danni, compilando un modulo disponibile in ogni clinica ed ospedale, in ciò aiutati da medici e infermieri. Il sistema svedese è basato sul principio della evitabilità dell’errore. Chi esamina le richieste deve verificare tre punti: se la lesione deriva dal trattamento medico, se il trattamento era giustificato, se il risultato era inevitabile. Se la risposta alla prima domanda è positiva, e le risposte alla seconda e/o alla terza sono negative, allora il paziente riceve l’indennizzo. Sono previste tecniche amministrative per eliminare le richieste di minor conto.
L’idea è stata applicata sperimentalmente in Florida e in Virginia per i danni cerebrali dei neonati, e criticata per i criteri troppo restrittivi. L’idea si sta peraltro facendo strada anche nel Regno Unito, dove tuttavia si riconosce che il problema non è quello di verificare il danno o l’errore, quanto quello di provare il nesso causale (Clare Dyer, Society Guardian, January 25, 2002). Secondo una autorevole corrente d’opinione giuridica, nel Regno Unito il sistema di perseguire il Servizio Sanitario Nazionale nei Tribunali dovrebbe essere abolito, e sostituito con uno schema risarcitorio di tipo amministrativo e non giudiziario.
L’esempio delle lesioni cerebrali nel neonato è stato portato, e verificato in via sperimentale, perché questi danni sono i maggiori, sia per l’entità (usualmente del 100%) sia per la durata, dato che si iniziano alla nascita e terminano con la morte, che si presume avvenga dopo un numero d’anni pari alla durata media della vita. Nel Regno Unito essi rappresenterebbero circa l’80% della somma che il NHS deve pagare in risarcimenti. Nel nostro Paese i danni cerebrali neonatali vengono risarciti usualmente dopo un processo civile della durata di alcuni anni con una somma equivalente, o inferiore, a quella pagata dal NHS, che per questi casi ammonta di solito a un milione di sterline, che dovrebbe servire per mantenere il danneggiato per tutta la vita. A questo in Italia si aggiunge un provvedimento amministrativo di natura assistenziale, secondo la legge 118/1971 sull’invalidità civile, che comporta la corresponsione di un assegno di invalidità e molto spesso anche di una indennità di accompagnamento. La corresponsione di queste somme è indipendente dall’esito del processo, cioè dalla causa che ha prodotto il danno, e cioè dalla possibile colpa medica.
L’idea pertanto che porto alla vostra meditazione, e che intendo sviluppare nel prossimo futuro è questa.
Vista la difficoltà di provare la colpa medica, vista l’impossibilità di risarcire un danneggiato senza passare attraverso la dimostrazione della colpa medica, vista la difficoltà che ha il medico a difendersi, possiamo considerare il danno iatrogeno nella sua essenza, che è rappresentato da un danno per il paziente e da una azione od omissione medica che l’ha prodotto, indipendentemente da errori o colpe dei sanitari, medici o infermieri che siano, e cioè fortuitamente.
A questa stregua, il danno iatrogeno non differisce da un infortunio, che come tale va indennizzato, in presenza di una polizza d’assicurazione contro gli infortuni che il paziente abbia sottoscritto, o in presenza di un contratto di lavoro che preveda l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro..
L’infortunio, in quanto tale, non prevede la responsabilità penale né la responsabilità civile, né il risarcimento, bensì l’indennizzo da effettuarsi in tempi brevi ed in via amministrativa, in base al contratto stipulato fra le parti.

IDENTIFICABILITA’ DELL’ERRORE. A supporto di quanto vado dicendo, la letteratura è prodiga di informazioni e di idee sulla materia, segno che certe situazioni necessitano di essere corrette.
E’ probabile che un medico- legale veda più casi di distocia di spalla di quanti ne veda un ostetrico, perché le lesioni conseguenti ad una distocia di spalla portano sempre ad una richiesta di risarcimento, prima in via stragiudiziaria e poi in via giudiziaria. Peraltro, il problema della colpa medica nei casi di distocia di spalla è molto spesso da discutersi, e le conclusioni al riguardo non sono affatto univoche. Si veda, per esempio, Skolbekken AJ (Shoulder dystocia--malpractice or acceptable risk? In Acta Obstet Gynecol Scand 2000 Sep;79(9):750-6). L’A. ha esaminato 41 casi d’archivio di distocia di spalla, comprendenti casi di morte, di paralisi cerebrale, di paralisi di Erb, e riscontrato che in nove casi fu disposto il risarcimento, mentre negli altri casi si ritenne accettabile il rischio medico, e dunque non indennizzati secondo le regole norvegesi. Tuttavia secondo l’Autore il mancato risarcimento derivava da una diversità d’opinione dei periti sulla adeguatezza della condotta dell’ostetrico, e ritenne che alcuni dei bambini danneggiati erano sfortunati/fortunati mentre la maggior parte erano semplicemente sfortunati. La situazione denunciata da Skolbekken è particolarmente grave, e sono certo che chiunque di noi ha provato la sensazione che con un altro perito il caso sarebbe stato risolto diversamente. Secondo Localio e coll. (Localio AR, Weaver SL, Landis JR, Lawthers AG, Brenhan TA, Hebert L, Sharp TJ., Identifying adverse events caused by medical care: degree of physician agreement in a retrospective chart review, in Ann Intern Med 1996 Sep 15;125(6):457-64) debbono essere sviluppati dei metodi per superare, qualunque sia la tecnica risarcitoria impiegata, il problema del disaccordo tra esperti.
Nel settore dei danni da parto, che è quello che prevede i risarcimenti più cospicui, il tort system e il no-fault compensation system sono stati paragonati fra loro. Secondo Saphier e coll. (Saphier CJ, Thomas EJ, Studdert D, Brennan TA, Acker D., Applying no-fault compensation criteria to obstetric malpractice claims, in Prim. Care Update Ob Gyns 1998 Jul 1;5(4):208-209), i criteri della no-fault compensation possono essere applicati . anche se icriteri vigenti in Svezia e quelli vigenti in Florida danno risultati finali diversi sulla medesima casistica. Secondo Whetten-Goldstein e coll. (Whetten-Goldstein K, Kulas E, Sloan F, Hickson G, Entman S. Compensation for birth-related injury: no-fault programs compared with tort system, in Arch Pediatr Adolesc Med 1999 Jan;153(1):41-8) il sistema della no-fault compensation vigente sperimentalmente in Florida copre bene I Danni e le spese mediche, ma non copre la riduzione di reddito cui vanno incontro i genitori di bambini cerebrolesi.
LA NOSTRA SITUAZIONE. Del tutto recentemente la XII Commissione del Senato (Igiene e Sanità) ha approvato il ddl 108 proposto dal suo Presidente, Sen. Antonio Tomassini, intitolato “Nuove norme in materia di responsabilità del personale sanitario”, che dovrà poi passare alla analoga Commissione della Camera dei Deputati. [Il testo è pubblicato in “La professione”, n. 5-6, maggio-giugno 2002, p. 3, ed è anche visibile in Internet> Parlamento Italiano> Senato della Repubblica> Elenco dei Senatori> Tomassini> ddl 108].
Se il ddl 108 diventerà legge dello Stato, esso potrà incidere in maniera significativa sui problemi di cui stiamo trattando. Infatti il ddl prevede nuove norme in materia di responsabilità civile per danni occorsi nelle strutture sanitarie ospedaliere. Il ddl merita una indagine attenta, per la quale mi riservo una sede diversa. Vale tuttavia la pena ricordare subito che gli ospedali avranno l’obbligo di assicurarsi, cosa che già fanno, e che il risarcimento dovrà essere chiesto alle compagnie di assicurazione, e non al singolo medico. Il ddl appare per alcuni aspetti insufficiente, limitato ad alcuni settori della sanità, mentre per altri versi appare idoneo ad aumentare la confusione, anche se è apprezzabile il fatto che il Parlamento abbia recepito la serietà del problema. Soprattutto esso non porta alcun beneficio nell’ottica della prevenzione dell’errore, e non muta l’essenza del sistema, sempre basato su un’ipotesi di colpa.
Nel nostro ordinamento vi sono già ipotesi di indennizzo senza colpa di alcuno, e certamente l’ INAIL rappresenta il caso più immediatamente evidente. Ricordo che l’ INAIL gestisce anche gli indennizzi per i danni da terremoto, e che la legge 210/1992 prevede un indennizzo per danni da vaccinazione e da trasfusione, dopo che numerosi processi sono stati celebrati, la maggior parte senza esito o con esiti comunque discutibili, in merito a danni da vaccinazione e da trasfusione, che vi è un istituto giuridico chiamato “causalità di servizio” che ha assunto dimensioni tali da far allontanare ogni ipotesi di individuare un responsabile che non sia appunto il “servizio”. Non vi è dunque nulla nel nostro ordinamento che impedisca di affidare ad una istituzione la gestione dell’indennizzo per i pazienti danneggiati da un atto medico.
IPOTESI DI SOLUZIONE. La situazione, così come l’ho delineata, appare molto simile a quella degli infortuni sul lavoro, per lo meno gran parte della casistica lo è, talvolta con colpa medica, spesso, se così posso esprimermi, con un concorso da parte del paziente, talora senza colpa medica. Per risolvere il problema, è necessario stravolgere il principio della responsabilità civile e penale del medico, e accettare il principio dell’evento fortuito dannoso che va indennizzato. Vi sono anche similitudini con i viaggi aerei, per i quali il prezzo del biglietto offre anche una assicurazione infortuni, o con le gite scolastiche, per le quali le compagnie assicuratrici offrono una polizza infortuni per la durata della gita stessa, o per i viaggi all’estero, e altro. Se consideriamo il ricovero ospedaliero a questa stregua, possiamo anche accettare che ogni paziente che si ricovera e l’Azienda ospedaliera per quello specifico ricovero, paghino ad una compagnia assicuratrice o ad una istituzione una somma di denaro per tutti gli eventi infortunistici, compresi quelli di origine iatrogena, che possono verificarsi in danno di quel paziente nel corso del ricovero. Definire un infortunio iatrogeno è complesso solo in apparenza. Esso potrebbe definirsi come un evento fortuito, dannoso per il paziente, e che sia in relazione di causalità materiale con i trattamenti diagnostici e terapeutici cui il paziente à stato sottoposto. La colpa medica non dovrebbe essere posta in discussione. La valutazione del danno dovrebbe avere alla sua base l’obiettività clinica all’ingresso e l’obiettività clinica all’uscita, ovvero il verbale d’autopsia. Il danno potrebbe valutarsi usando tabelle che abbiano, o a cui si attribuisca, tale funzione. L’indennizzo dovrebbe essere proporzionale al danno, applicandosi peraltro una franchigia per i danni minori o minimi.
Un problema mal risolvibile concerne l’aspetto penale, posto che non si può impedire a nessuno di proporre una querela o alla Procura della Repubblica di procedere d’ufficio. Sappiamo tutti però che le Procure sono intasate da minuzie che dovrebbero essere risolte altrimenti. Una proposta, che dovrebbe essere esaminata a fondo, è quella di invitare le Procure a trasmettere le querele e la relativa documentazione alla Commissione di cui si dirà, e di riceverne in tempi rapidi il parere. Analogamente dovrebbe comportarsi il Tribunale civile che riceva la richiesta di apertura di un procedimento civile per danni iatrogeni.
Lo scopo è dunque quello di trasferire in sede amministrativa il contenzioso giudiziario, e di instaurare meccanismi simili a quelli che regolano la definizione degli infortuni sul lavoro.
L’INAIL è probabilmente l’organo più adatto per gestire i numerosi e gravi problemi che si porrebbero. Una Commissione potrebbe essere istituita presso l’Inail, e di tale Commissione potrebbero far parte come Presidente un medico legale indipendente, come relatore un funzionario medico dell’Inail, uno specialista della materia, un medico per il paziente, un medico per l’ospedale, ed eventualmente un medico per la compagnia assicuratrice, se c’è. In quest’ultima evenienza la funzione del medico dell’INAIL dovrebbe limitarsi all’esposizione del caso. La Commissione potrebbe votare per la realtà dell’infortunio iatrogeno e per la sua valutazione percentuale, comunicando i risultati alla Procura e/o al Tribunale civile. Se la Commissione riconosce la sussistenza di un errore grave, lo segnala alla Procura a titolo di referto, anche se non c’è stata querela, quando ne ricorrano i presupposti legali (obbligo del referto).

BIBLIOGRAFIA CITATA NEL TESTO.
David M. Studdert, Troyen A. Brennan No-Fault Compensation for Medical Injuries JAMA. 2001;286:217-223.
Clare Dyer, Society Guardian, January 25, 2002
Skolbekken AJ Shoulder dystocia--malpractice or acceptable risk? In Acta Obstet Gynecol Scand 2000 Sep;79(9):750-6.
Localio AR, Weaver SL, Landis JR, Lawthers AG, Brenhan TA, Hebert L, Sharp TJ., Identifying adverse events caused by medical care: degree of physician agreement in a retrospective chart review, in Ann Intern Med 1996 Sep 15;125(6):457-64.
Saphier CJ, Thomas EJ, Studdert D, Brennan TA, Acker D., Applying no-fault compensation criteria to obstetric malpractice claims, in Prim. Care Update Ob Gyns 1998 Jul 1;5(4):208-209.
Whetten-Goldstein K, Kulas E, Sloan F, Hickson G, Entman S. Compensation for birth-related injury: no-fault programs compared with tort system, in Arch Pediatr Adolesc Med 1999. Jan;153(1):41-8.

RIASSUNTO. L’ A. descrive caratteristiche dell’errore medico e della vigente modalità risarcitoria, che danno luogo a situazioni assai difficilmente sostenibili per il paziente danneggiato, per il medico, per gli ospedali, per le compagnie assicuratrici e per i tribunali. Sulla base della tesi della no-fault compensation, l’A. propone la nozione di infortunio iatrogeno, di fatto assimilando il c.d. errore medico ad un infortunio sul lavoro. Suggerisce di trasferire per quanto possibile il contenzioso dalla fase giudiziaria alla fase amministrativa, attribuendo all’ INAIL un essenziale ruolo gestionale.

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