domenica 5 ottobre 2008

SANITA' CARCERARIA

DIFETTI DI COMPLIANCE, OPPORTUNISMI E STRUMENTALIZZAZIONI DEL PAZIENTE IN AMBITO PENITENZIARIO. RESPONSABILITA’ ED ASPETTI MEDICO – LEGALI DEL PERSONALE SANITARIO.

di GIUSTO GIUSTI

Conferenza tenuta al Convegno della SOCIETA’ ITALIANA DI MEDICINA E SANITA’ PENITENZIARIA.
Roma, Regina Coeli, 30.9.2002



INTRODUZIONE
Le mie esperienze in tema di medicina penitenziaria sono di carattere peritale. Non ho mai praticato la medicina clinica all’interno del carcere, ma solo ho effettuato perizie e consulenze quasi esclusivamente concernenti la cosiddetta compatibilità carceraria. Posso quindi avere una visione distorta dei problemi, e certamente il materiale umano portato alla mia attenzione professionale ha avuto una selezione sui generis, analogamente alla selezione che si ha nel materiale che sia oggetto di indagine medico- legale.
Tuttavia, ho iniziato questa forma di attività peritale molti anni or sono, quando si cominciava a discutere su cosa si dovesse intendere per “condizioni di salute particolarmente gravi”. Se ne discute ancora naturalmente, e non se ne capisce più di allora, e io ho il torto di avere scritto parecchio in proposito, dato che allora non c’era molto di scritto, salvo qualche sentenza di cassazione. Dunque, il mio punto di vista non è il punto di vista clinico, ma un punto di vista per così dure comparativo, un tentativo di porre in relazione lo stato di salute del detenuto con le capacità cliniche dei medici del carcere e con l’attrezzatura disponibile nel carcere stesso, cosicché il detenuto non corra pericoli per la propria salute. Già decenni or sono si intuiva che le disposizioni concernenti la compatibilità carceraria sarebbero diventate uno strumento alternativamente punitivo e premiante, in cui le redini erano tenute dal magistrato ed il medico legale diventava soltanto lo strumento di una decisione talvolta già presa in nome delle esigenze di sicurezza. Dagli albori all’odierno sviluppo della compatibilità carceraria le situazioni non sono molto mutate.

PATOLOGIE CURABILI IN CARCERE
Quali patologie i medici del carcere sono in grado di curare, per loro preparazione e per disponibilità di strutture potrebbe essere dedotto dai criteri con i quali si assegnano gli incarichi sanitari all’interno del carcere, dalla loro numerosità e distribuzione, dalle specializzazioni rappresentate, dalle strumentazioni diagnostiche, dalla presenza di un Centro clinico e di una sala operatoria, e di una sala di terapia intensiva, e altro. Il fatto, tuttavia, che un carcere sia dotato di Centro clinico, e che questo sia dotato, per esempio, di una sala operatoria, non significa necessariamente che queste strutture siano usate, poiché il detenuto, specie se questi sia in attesa di giudizio, non può essere obbligato, continuando l’esempio, ad operarsi in carcere. E d’altra parte il carcere non può e non deve essere un ospedale. Non è però irrilevante ricordare che esistono gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, da cui si potrebbe dedurre la possibilità dell’esistenza degli Ospedali Giudiziari, come in alcuni altri Paesi. L’ipotesi di adibire uno o più ospedali in Italia alla cura esclusiva dei detenuti è già stata affrontata, e scartata verosimilmente per i costi eccessivi e per i problemi che ne potrebbero sorgere relativamente alla responsabilità dei medici. L’ovvia conseguenza è che se un detenuto deve essere ricoverato sarà ricoverato in un normale ospedale, dove sarà per lo più malvisto e dimesso quanto prima. Analogamente accadrà quando vi sia bisogno di qualche esame particolare, che non può essere praticato in carcere: l’appuntamento per l’esame sarà dilazionato quanto possibile, o meglio ancora rifiutato. Tutto questo rappresenta un limite oggettivo all’esplicazione delle potenzialità tecniche, sia della struttura carceraria sia del singolo medico, e per questa ragione probabilmente sarebbe più utile valutare quale sia il livello minimo di assistenza in carcere accettabile dai detenuti e dalla società nel suo insieme, e quale sia il livello massimo accettabile in relazione alle risorse disponibili.
La mia impressione, basata sull’esperienza, è che il detenuto accetti un livello di assistenza e cure equiparabile a quello di cui potrebbe godere disponendo del medico di famiglia e della possibilità di effettuare qualche esame in via ambulatoriale, e che, nella necessità di praticare esami un po’ sofisticati, preferisca effettuarli in un ospedale.
Si può dunque ammettere una equivalenza tra medico di famiglia e medico incaricato del carcere, che abbia la disponibilità di far eseguire visite specialistiche ed alcuni esami strumentali e di laboratorio.

PATOLOGIE E CATEGORIE DI DETENUTI
Se questo punto di vista sia valido per esaminare e curare tutte le varie categorie di detenuti [giudicabili, appellanti, ricorrenti, definitivi] è opinabile, con riferimento particolare ai detenuti in attesa di giudizio. Il nostro ordinamento giudiziario, e soprattutto la sua pratica applicazione favoriscono la lentezza dell’indagine e le lunghe attese del giudizio. Questi elementi, come più volte ho avuto occasione di dire e di scrivere, hanno straordinarie caratteristiche di patogenicità, e di fatto producono reazioni carcerarie che diventano vere e proprie malattie, non più controllabili dal medico, che si giovano solo di un provvedimento amministrativo. Se indagini e attese per il processo fossero meno lunghe, certamente i medici penitenziari avrebbero meno da lavorare.
Si ritiene dunque valido il punto di vista in precedenza enunciato solo per i condannati definitivi, i quali sono ormai certi del loro futuro prossimo e non hanno più interesse ad usare la malattia a proprio profitto, ciò che invece contraddistingue le categorie di detenuti in attesa del giudizio definitivo.
Nella mia esperienza i definitivi hanno una patologia con le stesse caratteristiche di quella che interessa la popolazione generale, e dunque la cura di questi pazienti non dovrebbe porre problemi diversi da quelli che un medico normalmente incontra. P4er questa ragione, mi sembra importante che il medico sia al corrente della posizione giudiziaria del suo paziente.

PATOLOGIE DEL DETENUTO GIUDICABILE
Quando invece la malattia è usata a proprio profitto, le sue caratteristiche cambiano, e si può assistere alla creazione di un sintomo, di una diagnosi, di una malattia ed al suo mantenimento.
La creazione ex novo di un sintomo o di un segno non è molto difficile, e buona parte dei detenuti sono al corrente delle modalità mediante le quali una ematuria, una tachicardia, un innalzamento della pressione arteriosa possono essere creati ad arte. Naturalmente è molto meglio se il segno o il sintomo erano già presenti prima della carcerazione, cosicché si allontana il sospetto di una franca simulazione. E’ accaduto che il segno o il sintomo siano stati precostituiti ad arte, spesso con l’aiuto di un medico, in modo da avere la base per una successiva ed eventuale richiesta di arresti domiciliari per motivi di salute. Questo segno o sintomo deve essere per così dire avvalorato e garantito mediante esami praticati in carcere o su richiesta del carcere, e per questa ragione in questi casi ò frequente l’insistenza richiesta di nuovi e più completi esami diagnostici, che potrebbero giustificare quel segno o quel sintomo.
La creazione di una diagnosi rappresenta il passo successivo. Dare un nome a quel segno o a quel sintomo in un documento ufficiale come una cartella clinica è importante, e può passare attraverso veri e propri falsi, materiali o ideologici. La presentazione di un simile documento al medico penitenziario non può non avere il suo peso, quanto meno comporta la necessità di confermare od escludere detta diagnosi, e rappresenta di fatto un importante lavoro di controllo che deve essere fatto. Il medico penitenziario deve avere la consapevolezza che la sua diagnosi è tenuta sempre in minor conto rispetto alla diagnosi ospedaliera.
La creazione della malattia rappresenta l’ultimo passaggio. Essa comprende una serie di azioni finalizzate alla realizzazione della malattia, eventualmente anche grave e pericolosa, idonea ad ottenere i benefici sperati. Ancorché autoprovocate, queste malattie debbono essere curate, e in genere il detenuto non si sottrae alle cure, ancorché tenti di vanificarle. Ricordo tra queste:
- Lo sciopero della fame dichiarato.
- Lo sciopero della fame nascosto.
- Il decadimento delle condizioni generali.
- Il cancro e i preparati istologici.
- L’eccesso di sale e l’ipertensione.
- L’assunzione abusiva e massiva di farmaci.
- L’autolesionismo.
- Il tentativo di suicidio come dimostrazione di malattia psichica e come azione lesiva autonoma.
- L’ingestione di corpi estranei.
- L’isteria.
- La simulazione di malattie di mente.
Il mantenimento della malattia può rappresentare una necessità per uscire dal carcere. Può rappresentare anche una conseguenza non voluta della creazione della malattia. Esso comprende anche tecniche di dissimulazione, come tener nascosti segni e sintomi fino alla loro esplosione clinica [fino all’angina instabile, al diabete scompensato, all’ipertensione grave, ecc...] o nascondere in parte segni e sintomi, e farli comparire in progressione. Le forme più diffuse comprendono però la mancata assunzione dei farmaci prescritti, eventualmente con una variante: fingere di assumere i farmaci, conservarli e poi assumerli tutti insieme. Può accadere che ciò avvenga con la complicità di medici, infermieri e personale di custodia.



CAUSE DELLA CREAZIONE DELLA MALATTIA
Le cause della creazione della malattia richiedono naturalmente la partecipazione del detenuto, dato che la malattia è finalizzata ad uno scopo, che è quello di ottenere benefici previsti dalla legge. Vi sono però anche situazioni oggettive, che consentono di comprendere, se non di giustificare, le modificazioni cliniche che si possono verificare, specie nel detenuto giudicabile. Alcune di queste situazioni potrebbero e dovrebbero essere rimosse, perché inaccettabili.
Dea tali cause possiamo annoverare:
1- La detenzione in sé, che comporta lo sconvolgimento dell’esistenza, una situazione di subordinazione, la privazione della normalità, ecc.
2- La previsione di una eccessiva lunghezza della custodia cautelare
3- La previsione della lunghezza del processo
4- La consapevolezza dell’innocenza
5- Il disadattamento al carcere
6- L’affollamento e la promiscuità
7- L’angosciosa incertezza dell’attesa

CONFLITTO FRA ESIGENZE DIVERSE
Poiché per loro natura sono profondamente diverse, le esigenze di carattere medico- sanitario possono entrare in conflitto con le esigenze di custodia, che sono abitualmente ritenute primarie rispetto alle esigenze mediche. In realtà così non dovrebbe essere, in particolare per i detenuti che ancora non sono stati giudicati, e che dunque, almeno sotto questo profilo, dovrebbero poter godere dei diritti di cui ogni cittadino gode, con l’eccezione della privazione della libertà. La regola della primazia della tutela della salute su altri obblighi dovrebbe comunque valere per tutti, posto che la punizione ha un senso solo quando vi sia qualcuno da punire, che non sia stato più severamente punito dalla morte o dalla perdita o compromissione della salute.
Le conseguenze del conflitto fra queste due giuste esigenze possono essere rappresentate da ritardi anche significativi nel compimento di atti medici, o anche dal loro mancato compimento, come in caso di soccorso d’urgenza, o di esami strumentali e di laboratorio, specie se devono effettuarsi all’esterno, o di somministrazione di farmaci, se assenti in carcere, o di trasferimento in luogo esterno di cura. Può ben accadere che tali ritardi e mancanze non rimangano senza conseguenze.


ERRORI NELLA DIAGNOSTICA PENITENZIARIA
La principale fonte di errore consiste nel considerare il paziente detenuto come un paziente qualsiasi.
Attendere che un detenuto chieda di essere visitato è un errore. E’ utile, benché difficile nelle carceri molto grandi, effettuare visite periodiche, così come prescritto. L’utilità delle visite periodiche è legata al modo con cui si fanno e al tempo dedicato, nonché alla collaborazione del detenuto, che potrebbe avere interessi diversi da quello di essere curato in maniera adeguata.
La visita medica di ingresso è troppo superficiale e poco credibile, e l’anamnesi è di solito nettamente insufficiente.
L’esame obiettivo fisico andrebbe completato con esami chimico -clinici e strumentali di routine e con uno screening tossicologico. Lasciare al detenuto la facoltà di accettare oppure no un determinato esame, come la ricerca di anticorpi anti-HIV è conforme alla legge, ma è comunque un errore poiché il carcere è una collettività e buona parte dei detenuti sono o sono stati eroinomani.
Il diario clinico del carcere è un modello di inadeguatezza formale e sostanziale, redatto spesso con grafie impossibili a leggersi e talora incomprensibile risulta il decorso clinico di una malattia in base alle annotazioni del diario stesso.
Sarebbe auspicabile l’informatizzazione del diario clinico.

LA RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE
Le questioni concernenti la responsabilità professionale del medico per colpa non possono non tener conto dell’ordinamento e della giurisprudenza al riguardo. Sarebbe tuttavia un errore considerare l’esercizio della professione del medico e dell’infermiere all’interno del carcere come un qualsiasi esercizio professionale a carattere sanitario. Molteplici sono infatti i fattori che interagiscono con l’attività sanitaria, ed in primo luogo le esigenze di natura custodialistica, che interferiscono spesso con le prestazioni mediche, tendendo a ritardarle. Il rapido succedersi del personale medico ostacola una visione unitaria dei problemi clinici, consentendo di perdere di vista le esigenze del malato, se di malato si tratta. Questo ci porta ad un altro aspetto della casistica, nel senso che può accadere che la malattia venga strumentalizzata, o simulata a fini processuali, così come può accadere che la malattia, per fini non sempre comprensibili, venga dissimulata, e talora anche pretestata o addebitata a maltrattamenti subiti in carcere. Per queste ragioni, ogni volta che si debba esaminare un caso di responsabilità medica attribuito a medici del carcere, è necessario tenere conto di tutti i fattori che possono entrare a configurarlo, compresi quelli che non sono di natura medica ma soltanto circostanziale.

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